Cartesio,la filosofia

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CARTESIO un viaggio tra la storia, la matematica e la filosofia del XVI secolo...



Indice

Cartesio e la storia

La formazione

Il 31 marzo del 1596, nasceva a La Haye, in Turenna, Rene’ Descartes, latinizzato in Renato Cartesio. Nel 1604 fu fatto entrare dal padre Joachim, magistrato e consigliere al Parlamento di Rennes, nel collegio gesuita (vedi Gesuiti) della Fleche, dove restò fino al 1612, guadagnandosi la stima di tutti i suoi maestri. Fu durante il corso degli studi in questo istituto, dove imparò a conoscere le lingue classiche, la filosofia e la matematica, che si propose di dedicare l'intera vita "a coltivare la propria ragione, e a cercare la verità di ogni cosa".

Tra armi e viaggi

Nel 1613 il padre, con l'intenzione di avviarlo al servizio delle armi, lo mandò a Parigi, dove si immerse nuovamente nei suoi studi, fino a che nel 1617 decise di entrare nell'esercito, partendo alla volta dell'Olanda, allora alleata della Francia contro la Spagna. Fu a Breda, dove era stanziata la sua guarnigione, che fece la conoscenza del matematico Isaac Beeckman, con il quale restò in contatto per tutto il resto della vita. È a questo periodo che risalgono le sue prime opere giovanili, tra cui un trattato in latino sulla musica. Cominciava a fissare i principi del suo "sistema", osservando come il sapere delle scuole risultasse meno vicino alla verità' di quanto non lo fossero "i semplici ragionamenti che può fare spontaneamente un uomo di buon senso riguardo alle cose che si offrono alla sua attenzione". Fu allora che decise di sbarazzarsi di tutte le nozioni acquisite, con l'intenzione di recuperarle eventualmente solo dopo "averle controllate e ordinate secondo le esigenze della ragione". Nel luglio del 1621 lasciò definitivamente il servizio nell'esercito, e in seguito fece ritorno a Rennes nel marzo del 1622. Nel 1623 tornò a Parigi, dedicandosi agli studi sulla "Mathesis universalis", sulla morale e sulla fisica. Vendette la maggior parte dei beni ereditati dalla madre, e decise di rimettersi in viaggio per l'Europa, arrivando fino a Roma.

Ritiro in Olanda

Tornato di nuovo a Parigi nel 1624, decise di "ritirarsi" in Olanda, dove rimase per più di 20 anni, per "assicurarsi una solitudine perfetta in un paese moderatamente freddo dove non fosse conosciuto". Arrivò ad Amsterdam nel marzo del 1629, cambiando spesso domicilio allo scopo "di poter mantenere il proprio isolamento", e "rimanere il più possibile nascosto". Volle dare inizio ai suoi nuovi studi "partendo dalle meditazioni sull'esistenza di Dio e sull'immortalità dell'anima", volutamente escludendo dai suoi piani le questioni teologiche e "le materie inerenti alla rivelazione", ma senza mai trascurare gli studi di fisica, tra i quali comprendeva anche quelli di medicina (anatomia) e di chimica .

Le opere

Nel corso dell'estate del 1633, terminò il suo trattato sul Mondo (Le Monde, un traité de la lumière), che racchiudeva in sintesi "l'insieme delle sue conoscenze sulle cose materiali". Pervenutagli la notizia della condanna di Galileo, e ritenendo "che la teoria del movimento della Terra fosse la più verosimile e la più adatta a spiegare tutti i fenomeni", decise però di non pubblicare il suo scritto. Passarono gli anni fino al 1637, quando le insistenze dei numerosi estimatori lo persuasero a pubblicare a Leida il suo "Discorso sul metodo per ragionare bene e cercare la verità nelle scienze" (Discours de la methode pour bien conduire sa raison et chercher la verite dans les sciences. Plus la dioptrique, les meteores et la geometrie qui sont des essais de cette methode) (vedi Discorso sul metodo in filosofia e Discorso sul metodo in matematica). Nonostante Cartesio avesse evitato di proposito la lingua dei dotti, ed eliminato il suo nome dal libro, crescevano di pari passo la fama e l'ostilità alle sue idee. Tra le prime università che possono dirsi cartesiane va annoverata quella di Utrecht, da dove pure fu rivolta a Cartesio, nel giugno del 1639, la prima accusa di ateismo, che tuttora accompagna alcune interpretazioni del suo pensiero. Nel 1641 pubblicò, a Parigi, la sua seconda opera scritta in latino: "Meditazioni metafisiche" (Meditationes de prima philosophia in qua Dei existentia et animae immortalitas demonstrantur), seguita da una serie di Obiezioni e di Risposte dell'autore. Successivamente, Cartesio riprende in mano l'intera materia che aveva avuto intenzione di esporre nel suo mai pubblicato trattato sul Mondo, rielaborandola però all'interno di una nuova cornice concettuale, che comprendesse anche il suo sistema filosofico. Un vero e proprio testo di fisica teorica fu "Principia Philosophiae" scritto nel 1644, che comprende la famosa teoria dei vortici, ed al quale si ispira certamente Isaac Newton per confutare la concezione cartesiana del mondo nei suoi Philosophiae Naturalis Principia Mathematica (1687).

Abbandono dell’esilio in Olanda e viaggio in Svezia

Al centro di numerose polemiche che lo infastidiscono sempre più (nel maggio del 1647 l'università di Leida emana un decreto per "proibire di fare da allora in poi menzione di Descartes e delle sue idee nelle lezioni"), Cartesio pensa di lasciare definitivamente il suo esilio volontario in Olanda per fare ritorno in Francia, quando riceve l'invito da parte della regina Cristina di Svezia a recarsi a Stoccolma per metterla al corrente di persona della sua filosofia. Cartesio parte per la Svezia nell’ottobre del 1649, dopo aver portato a termine e consegnata per la pubblicazione la sua ultima grande opera, il trattato "Le passioni dell'anima" (Traite des passions de l'ame). Nel febbraio del 1650, i rigori del clima svedese gli procurano una polmonite che ne provoca la morte.


Cartesio e la filosofia

Cartesio è considerato il padre della filosofia moderna per aver proposto un nuovo metodo di ricerca. La filosofia tradizionale, infatti, basata ancora sul sapere aristotelico, era ormai diventata estranea a nuove teorizzazioni e scoperte. Cartesio propone una filosofia metafisicamente fondata, capace di sorreggere nella ricerca della verità, che dia un metodo universale e fecondo. Tale metodo deve condurre a una filosofia pratica, ed essere un criterio unico e semplice di orientamento che serva all’uomo in campo pratico e teoretico, e che abbia come fine ultimo il vantaggio dell’uomo nel mondo.


Il metodo

Cartesio si impegna a definire quattro regole base di quel nuovo metodo, che garantirà una conoscenza più giusta del mondo:

  1. La prima regola è quella dell’evidenza: se si vuole conoscere con certezza bisogna accettare unicamente i dati che abbiano il carattere della chiarezza, dell’immediatezza e della distinzione. Chiaro è ciò che è evidente, evidente è ciò che si manifesta immediatamente ai sensi, distinto con chiarezza da ogni fenomeno.
  2. La seconda regola è l’analisi: occorre scomporre il problema e affrontarlo iniziando dall’analisi delle sue singole parti.
  3. La terza regola è la sintesi: occorre ricomporre il problema analizzato per parti cominciando dai dati ritenuti certamente validi.
  4. La quarta regola è l’enumerazione: bisogna eseguire una verifica finale dei dati, rivedendo ogni frase in modo da eliminare eventuali errori residui.

Queste sono regole che per Cartesio sono alla base del procedimento matematico. Hanno la caratteristica di procedere per lunghe catene di ragionamenti che si fondano ognuno su una deduzione verificata; tali catene portano alla definizione di leggi. Secondo il filosofo è questo metodo che la scienza deve adottare per non commettere errori

Il dubbio e il cogito ergo sum

La locuzione cogito ergo sum (penso dunque sono) è l’espressione utilizzata da Cartesio per esprimere la certezza indubitabile che l’uomo ha di sé stesso (vedi sezione cinema). Cartesio adotta un procedimento di critica totale della conoscenza, il cosiddetto dubbio metodico, consistente nel mettere in dubbio ogni affermazione, ritenendola almeno inizialmente falsa, nel tentativo di scoprire i principi ultimi che risultino invece indubitabili e su cui basare poi tutta la conoscenza. Nemmeno riguardo agli assiomi della matematica possiamo sapere se essi corrispondano effettivamente a realtà. Questo scetticismo metodologico induce a pensare che, non conoscendo effettivamente quale sia la nostra origine, possa esistere un "genio maligno" che continuamente ci inganna su tutto; si giunge così al dubbio iperbolico, estremizzazione del dubbio metodico. Di fronte alla possibilità che tutto ciò che riteniamo vero sia in realtà falso, dobbiamo dubitare di tutto, e operare perciò una sospensione di giudizio. Ed è qui che Cartesio riprende la teoria di epoché (sospensione di giudizio) elaborata dagli Scettici. Vi è tuttavia un aspetto della realtà che resiste al dubbio iperbolico, che viene percepito in modo chiaro e distinto, ed è il pensiero che si pone il dubbio: l'esistenza incontrovertibile del pensiero che si pone il dubbio permette di affermare cogito ergo sum(penso dunque sono). Il cogito cartesiano suggerisce quindi l'ipotesi che le cose non siano necessariamente esistenti oggettivamente e indipendentemente dal pensiero stesso, ma che ogni cosa esistente è qualcosa che di per sé è comunque pensata (quindi espressa dal soggetto) e che la realtà esterna al pensiero non è un dato da assumere immediatamente come certo e incontrovertibile. Si tratta di una verità immediata, frutto di un'intuizione, e non di un ragionamento sillogistico. In quanto prima verità assolutamente certa, l'esame di essa rende possibile comprendere in che cosa consista quella certezza, ossia individuare il criterio della verità: l'evidenza. Cartesio dall'evidenza del cogito ricava la regola generale che ciò che è evidente è anche vero. Ed è questa la chiave della sua filosofia: una metafisica della certezza, come fondamento di ogni sapere.

I tre generi di idee

Per Cartesio il contenuto immediato del pensiero sono le idee. Queste non sono come le idee platoniche, cioè essenze universali ed eterne; sono solo pensieri, rappresentazioni esistenti nella mente di cui la coscienza è consapevole. Da un lato sono atto del pensiero, dall'altro rappresentano delle realtà, degli oggetti. Cartesio suddivide le idee in tre generi in tre generi: le idee innate, le idee avventizie e le idee fattizie.

  • Le idee innate sono quelle idee presenti nell'uomo fin dalla nascita; sono verità impresse nel suo pensiero e alle quali nessun uomo può sottrarsi;
  • le idee avventizie sono quelle che provengono invece dal mondo esterno al pensiero, dal mondo della natura fisica e della percezione sensoriale;
  • le idee fattizie sono invece tutte quelle idee false che non hanno nessun riscontro nella realtà oggettiva, sono le idee appartenenti alla fantasia e alla falsificazione, inventate dal soggetto pensante.


L'esistenza provata di Dio

Ora Cartesio si pone il problema dell'idea di Dio. Originariamente egli aveva dubitato dell'esistenza di Dio, ponendo questa certezza in secondo piano rispetto alla certezza del cogito.

  • Prima argomentazione di perfezione: l'idea di Dio (ente perfetto e infinito) ha in sè il carattere della perfezione assoluta, e nonostante questo, alberga nell'uomo (ente imperfetto e finito). Non possiamo essere assolutamente noi gli autori dell'idea di Dio perchè siamo limitati, soggetti al dubbio e all'errore. Il solo pensare l'assoluta perfezione divina implica perciò la reale esistenza di Dio perché il perfetto non può scaturire dall'imperfetto;
  • seconda argomentazione casuale: se fosse l'uomo l'autore dell'idea di Dio egli avrebbe tutte le perfezioni in essa contenute, ma non le ha perchè non lo è;
  • terza argomentazione ontologica: dunque l'idea dell'esistenza di Dio fa parte delle idee innate, in quanto non può derivare nè dalle idee avventizie (che hanno in se i limiti della natura finita), nè tanto meno dalle idee fattizie (inventate dall'uomo, imperfetto e finito per natura). E ciò garantisce che tale idea è stata impressa nella mente degli uomini da Dio stesso, solo Lui è in grado di creare nella mente di tutti gli uomini una stessa idea. Inoltre se Dio esiste, perfetto e infinito deve avere in sé anche la qualità di non essere ingannatore, in quanto la perfezione è benevola. Dunque Dio non ci vuole ingannare; gli assiomi della matematica, della fisica e della geometria sono sicuri e incontrovertibili come realmente appaiono e da ciò ne deriva che oltre al pensiero esiste certamente anche la materia. Ecco dunque dimostrata l'esistenza di Dio.

Res cogitans e Res extensa

Una volta provata l'esistenza certa e distinta del cogito e della materia, Cartesio non può che distinguere la realtà in due sostanze:

  • la Res cogitans (cosa pensante) è la stessa del cogito, ovvero il pensiero, l'ambito delle idee, il contenuto del pensato. La res cogitans è priva di estensione, di dimensione spaziale e temporale, infatti non occupa uno spazio ben definito, e non vive in un tempo ben determinato. E' una dimensione spirituale non finita, priva di limiti; è sostanza soggettiva. Il pensiero ha la proprietà di avere coscienza di sè;
  • la Res extensa (cosa estesa) è il mondo materiale, finito, determinato, entro il quale i corpi e gli oggetti occupano uno spazio e vivono una certa temporalità; è sostanza oggettiva. Nella considerazione di un oggetto materiale sono essenziali non le caratteristiche qualitative, bensì quelle quantitative, tra cui l'estensione e la proprietà di occupare uno spazio. Le cose estese hanno la proprietà di non essere consapevoli di sè e di sottostare alle leggi della fisica (vedi sezione cinema).

I corpi e la ghiandola pineale

Il corpo umano in Cartesio è concepito, analizzato e descritto in base a principi puramente meccanici, è infatti simile a un grande meccanismo, a una macchina. Le funzioni biologiche stesse sono ridotte a semplici movimenti. Questa visione essenzialmente meccanicista (vedi meccanicismo) dei corpi permette la quantificazione in senso matematico di ogni aspetto della realtà sensibile. Tuttavia questa grande macchina è dotata di una centrale di controllo che regoli e decida le azioni da compiere: parliamo dell'anima razionale, che muove il corpo dal quadro di comando che si trova nel cervello. Senza l'anima razionale l'uomo sarebbe un automa in attesa di ordini, sarebbe alla stregua di un semplice animale, che è solo guidato dal proprio istinto, che non pensa, e vive come una macchina. L'uomo è quindi superiore all'animale per via dell'anima razionale, del corpo, ma anche per via del possesso del linguaggio e del pensiero (di cui gli animali sono privi). Quindi potremmo descrivere l'uomo come un complesso di res cogitans (pensiero) e res extensa (corpo). Secondo Cartesio le due parti possono comunicare tra loro, trasmettendosi informazioni reciproche, e possono farlo tramite la ghiandola pineale. Questa ghiandola (che Cartesio descrive come unico organo del cervello non doppio, e quindi migliore rappresentante dell'unità delle sostanze), è il nodo fisico che permette alla materia di influire sullo spirito e allo spirito di influire sulla materia; qualsiasi sensazione fisica passa da questa ghiandola per trasmettersi allo spirito.

La deduzione

La filosofia di Cartesio vuole ripercorrere il rigore e il razionalismo delle scienze geometriche e matematiche, le quali si fondano su principi certi ed evidenti dai quali per deduzione derivano tutti gli altri. Ed è proprio la deduzione lo strumento principale del razionalismo cartesiano: essa permette di arrivare a conclusioni da certe premesse considerate vere ed evidenti. Il metodo cartesiano ebbe grande successo e diede avvio a quella scuola filosofica razionalista che si poneva come obiettivo quello di giungere alla verità tramite la sola speculazione razionale vedi razionalismo.


La morale provvisoria

Per Cartesio i corpi sono mossi da due istanze principali, che sono le azioni e le affezioni. Le azioni sono gli atti volontari dettati dall'anima razionale, mentre le affezioni gli atti involontari e istintivi. L'uomo per poter agire correttamente deve dare ascolto alla sua parte razionale, evitando di lasciarsi sopraffare dalle affezioni. Queste comunque non sono del tutto dannose, infatti tristezza e gioia indicano alla parte razionale il pericolo delle cose che possono fare del male all'anima. Per Cartesio l'uomo più saggio e colui che si lascia guidare dalla sola ragione ed esperienza, dominando le passioni (il dominio delle passioni è comunque propedeutico alla saggezza). Nella filosofia cartesiana la natura è res extensa, e in quanto tale, è determinata da leggi naturali, e quindi non è libera. Libero invece è il pensiero, e di conseguenza anche le azioni derivanti dal pensiero. Libero è anche Dio, che, perfettamente onnipotente, ha creato il mondo con un atto della sua libera volontà. Cartesio ritiene che gli uomini liberi di agire, se vogliono agire nel giusto, debbano attenersi a principi della ragione; ed egli stesso detta quattro regole di morale provvisoria, che rispecchiano bene l'indole prudente e moderata del filosofo.

  1. La prima regola è l'obbedienza alle leggi e agli usi e costumi del proprio paese. Cartesio ritiene che è buon uso assumere nella vita pubblica un' opinione moderata, lontana dagli eccessi, e cercare di non imporla mai prepotentemente sulle altre. Egli distingue due comportamenti: l' uso della vita (decidere senza attenersi necessariamente alla verità e all'evidenza) e la contemplazione della verità (decidere solo quando si sia raggiunta l'evidenza).
  2. La seconda regola consiste nell' essere fermi e risoluti nell' assumere comportamenti che si ritengono giusti. Tuttavia il ritenere indubbiamente valide alcune azioni rispetto ad altre dipende innanzi tutto dalla bontà del metodo.
  3. La terza regola esprime che è meglio cambiare sè stessi invece del mondo, meglio cercare di vincere i propri timori piuttosto che fare immediatamente affidamento sulla fortuna.
  4. La quarta regola consiglia invece di indagare il vero, sempre con metodo. Ma questa regola trova le sue limitazioni nella distinzione tra uso della vita e contemplazione della verità.


Cartesio e la matematica

Cartesio contribuì notevolmente alle ricerche matematiche elaborando nuove basi della geometria analitica. Fu il primo matematico che classificò le curve secondo il tipo di equazione a esse associato, contribuendo così alla nascita della teoria delle equazioni.

Per quanto riguarda la ricerca propria della matematica, Cartesio tentò di unire algebra e geometria facendo corrispondere ogni espressione dell’ algebra ad una della geometria e viceversa; tale unione delle due discipline avrà una grande influenza sul pensiero matematico successivo ponendo le basi necessarie per ulteriori sviluppi delle matematiche. Con questa premessa si osserva che l’algebra è espressa da operazioni sui simboli mentre la geometria espressa da regole grafiche riguardanti i punti della retta, del piano e dello spazio.

Il fatto di proporre il nuovo metodo della matematica conduce Cartesio a criticare la matematica del suo tempo e quella del passato. Innanzitutto, critica la geometria euclidea dati i nuovi e ingegnosi ragionamenti richiesti ad ogni dimostrazione, inoltre questa non fornisce nuove idee ma consente solo di dimostrare cose già conosciute. L'idea di Cartesio è di usare l'algebra come risoluzione dei problemi di luoghi geometrici.

Merito di Cartesio è l’aver intuito che le basi della matematica e della geometria vadano ricercate nella logica e nella filosofia e di aver posto le basi per lo sviluppo delle materie stesse. Nel trattato "Discorso sul metodo per ragionare bene e cercare la verità nelle scienze", Cartesio annunciò il suo programma di ricerca filosofica: sintetizzando l’opera supponiamo che nel suo pensiero ogni numero fosse rappresentato da un simbolo diverso e distinguibile dal simbolo di ogni altro e dalla cui forma grafica si potesse stabilire se esso fosse maggiore (>) o minore (<) di un secondo numero presentato allo stesso modo. Cartesio semplificò il modo di rappresentare i numeri disponendolo in ordine crescente su una retta, anzi come sappiamo nel piano cartesiano i punti vengono rappresentati su due assi ortogonali di ascisse x e di ordinate y; dal punto di vista algebrico ogni punto è dato dalla coppia ordinata dei valori delle sue coordinate.

Fondamentale per il filosofo fu il lungo inverno del 1619 trascorso in Bavaria, in questo lasso di tempo Cartesio scopre la formula per i poliedri, oggi chiamata relazione di Eulero, secondo cui la somma dei vertici e delle facce di un poliedro convesso è uguale al numero degli spigoli aumentato di due. Non siamo sicuri se nel 1628 avesse già elaborato la sua geometria analitica, ma sicuramente lo fece poco più tardi; infatti nel trattato "La Géométrie" sono contenuti i principi della sua geometria. Va precisato che l’intento della geometria cartesiana era una “costruzione geometrica” e non il ricondurre la geometria all’algebra. Cartesio elaborò un suo procedimento, spiegato in tre libri, che possiamo sintetizzare così: nel primo si occupa di costruzioni geometriche osservando inizialmente che le costruzioni geometriche rappresentano operazioni aritmetiche (equazione); nel secondo libro risolve per la prima volta nella storia, nonostante fosse già stato trattato, il problema di Pappo, che citava: “Date tre rette complanari e un punto P appartenente al piano, si considerino le distanze di P dalle tre rette; trovare il luogo dei punti tali che il prodotto di due delle distanze sia uguale o proporzionale alla terza distanza”. La soluzione è questa: nel caso delle tre o quattro rette il punto P descrive una conica, mentre a cinque o a sei rette è una curva di terzo grado; il grado delle curva sale all’aumentare del numero delle rette. Naturalmente Cartesio non ha a disposizione e nemmeno ricava la formula oggi usata nelle scuole e cioè d=abs(ax+by+c)/ radq(a2+b2), tuttavia dai suoi calcoli emerge che ogni coppia di distanze punto-retta aggiunte comporta l’aumento di uno dell’esponente massimo dell’espressione che fornisce all’equazione della curva. Nel terzo libro, infine, porta un riassunto di tutta l'algebra allora conosciuta scrivendo le formule per la risoluzione delle equazioni di terzo e quarto grado, riducendo di grado l'equazione conoscendo una soluzione. Enuncia, senza dimostrarlo, la regola dei segni.

I suoi contributi

  • Introduce cambiamenti significativi nella notazione: Cartesio scrive formule matematiche leggibili senza sforzo alcuno anche oggi. Usa un simbolo per l’uguaglianza, diverso dall’ =, ma non più la scritta latina aequalis; con le prime lettere dell’alfabeto indica costanti, con le ultime incognite come è anche oggi. Usa il simbolo di potenza e di radice quadrata. Per lui, come per noi a2 è un numero e non un’area;
  • Usa un sistema di coordinate che noi chiameremo oblique, quindi non sempre ortogonali, e solo con ascisse e ordinate positive, per cui traccia solo le porzioni delle curve che giacciono nel primo quadrante. Però sceglie gli assi di riferimento in modo che l’equazione sia il più semplice possibile;
  • Associa alle equazioni indeterminate curve nel piano ampliando così il concetto di curve ammissibili, sia accettando curve in precedenza rifiutate, sia introducendone altre completamente nuove (ovale di Cartesio, folium, tridente di Newton);
  • Trasforma problemi geometrici in intersezioni di curve quali rette, coniche e altre ancora, ma non risolve problemi di intersezione col calcolo algebrico, bensì mediante la costruzione geometrica delle curve;
  • Classifica le curve in base al grado dell’equazione, cioè modifica la classificazione dei greci in piane, solide, lineari (piane sono retta e circonferenza, solide le sezioni coniche, lineari tutte le altre quali la spirale, la cicloide...).

Cartesio al cinema

Il pensiero filosofico di Cartesio, con il passare del tempo, è rientrato perfino nella trama di alcuni film molto conosciuti. Tra questi se ne possono citare alcuni:

  1. BLOW UP di Michelangelo Antonioni
  2. LA FINESTRA SUL CORTILE di Hitchcock
  3. CHRISTINE LA MACCHINA INFERNALE di John Carpenter
  4. BLADE RUNNER di Ridley Scott
  5. MATRIX dei fratelli Wachowski
  6. 2001 ODISSEA NELLO SPAZIO di Stanley Kubrik

Per le interessanti considerazioni in particolare su alcuni di essi, approfondiremo BLADE RUNNER e MATRIX.

Blade Runner

Blade Runner, capolavoro di Ridley Scott, è ispirato al racconto del grande Philip Dick “Gli androidi sognano pecore elettriche?”. Il film è ambientato a Los Angeles, nel Novembre del 2019, in un periodo in cui il pianeta Terra, a causa dell’inquinamento, è diventato invivibile. Proprio per questo l’ambientazione è un’assenza del “bello”, che trasmette la città avvolta dalla nebbia e accompagnata da pioggia perenne. Tutti coloro che possono permetterselo quindi si trasferiscono nelle colonie extramondo. Sei replicanti, guidati da Roy Batty sono fuggiti da queste colonie e giungono in città con l’obiettivo di introdursi nella fabbrica dove sono stati prodotti, la Tyrell Corporation, nella speranza di riuscire a modificare la loro data di termine. Due di loro vengono catturati subito, mentre gli altri quattro riescono a fuggire. Il poliziotto Deckard, interpretato da Harrison Ford, agente dell’unità speciale Blade Runner, ha il compito di ritirare i replicanti. Egli è accompagnato dalla sua segretaria Rachel, prima ad essersi sottoposta al test che permetteva di stabilire se il soggetto fosse un umano o un replicante. Per fare ciò viene usata la Voight-Kampff Machine, il cui braccio meccanico si apre e centra automaticamente la pupilla dal soggetto sottoposta al test, analizzando le contrazioni e le dilatazioni dell’iride, per rilevare la presenza di particelle invisibili. Il problema o la novità del film sta nel fatto che Deckard si innamorerà della replicante Rachel…

Ma chi sono realmente i replicanti? I replicanti sono androidi (robot) indistinguibili dall’umano, creati dalla Tyrell Corporation, appartenenti alla serie Nexus 6. Sono superiori all’uomo per forza e agilità, con intelligenza pari a quella umana. Sono stati progettati per adempiere ai lavori più faticosi e pericolosi e perciò prodotti il più possibile simili all’uomo (infatti lo slogan della Tyrell Corporation è: “più umano dell’umano”). Nel momento in cui avviene una rivolta, la squadra speciale Blade Runner deve eliminarli. Essi si serviranno dell’aiuto di questo test per l’empatia (capacità di comprendere cosa un’altra persona sta provando): il replicante, di fronte alle domande pensate per suscitare un’emozione precisa nell’interrogato, tradisce la sua natura in seguito all’impossibilità, dovuta alla mancanza del bagaglio di esperienze tipico di un esser umano, di controllare le proprie emozioni.

Cosa centra Cartesio in tutto ciò? In Blade Runner possiamo prendere in considerazione un altro aspetto di natura filosofica e che costituisce un elemento importante in tutto il film. Uno dei problemi fondamentali della filosofia (vedi sezione filosofia) è stato infatti quello del rapporto tra il “soggetto” e “l’oggetto”, che nasce quando il primo pensatore si chiede che cosa sia il mondo che lo circonda con i suoi oggetti diversi da lui. Le teorie espresse da Cartesio, appunto, non bastano più a spiegare la realtà delle cose. Ci sono domande, che vanno oltre gli schemi stabiliti da Cartesio, che assillano lo stesso Deckard: “sono certo di me stesso perché il mio pensiero me lo conferma, non si può dubitare di se stessi ma chi mi sta di fronte è un soggetto come me o piuttosto… un cyborg?”, “ se la bellissima Rachel, proprio per la sua perfezione tecnologica non si differenzia sostanzialmente da me, perché non amarla?”, “che cosa distingue l’uomo vero dall’androide?” Analizziamo perciò il pensiero di Cartesio a proposito di questo rapporto tra il “soggetto” (uomo) e “l’oggetto” (tutti gli altri esseri diversi da lui, compresi i cyborg). Attraverso lo scritto “Discorso sul Metodo”, sappiamo che Cartesio sosteneva la “macchina umana”, rispetto alle sue imitazioni, come i robot, riconoscibile dal fatto che si servisse di parole per trasmettere i suoi pensieri ai suoi simili. Gli animali per esempio non possono farlo. E neanche le macchine costruite a nostra imitazione, pur avendo programmata la facoltà di proferire qualche parola, non sanno rispondere al senso di tutto ciò che si dice in loro presenza. Inoltre, né le macchine animali né quelle costruite per imitare l’uomo agiscono con cognizione di causa, mentre la nostra ragione è un qualcosa che ci illumina la strada e ci può servire in qualsiasi momento. La capacità di fare discorsi, e far intendere i propri pensieri, è dunque una caratteristica propria dell’uomo. Da qui nasce il famoso “cogito ergo sum” : autocoscienza e perciò “pensare ciò che si è” e anche “pesare” le parole e perciò “pensare ciò che si dice”. Cartesio fa l’esempio del pappagallo, che riesce a pronunciare parole in modo analogo al nostro, ma non dice ciò che pensa. L’errore di Cartesio è però quello di fissare una netta differenza tra uomo e animale. Quest’ultimo considerato nella scienza moderna esattamente come un robot, privo di pensiero.

Ma cosa succederà quando un robot sarà abbastanza evoluto da cominciare a pensare? Le fondamenta un tempo ritenute stabili, ora crollano: il ”cogito ergo sum” di Cartesio non basta più ad avere certezza di se stessi. E’ da qui che nascerà il dramma dei cyborg: scoprire di essere un oggetto. Addirittura nel film l’androide si rifiuta di morire perché si sente diverso e migliore dell’uomo. L’introduzione della capacità di pensiero nell’androide sarà l’ipotesi attorno a cui è nata l’Intelligenza Artificiale, scienza che intende fornire una intelligenza alle macchine. Ed è proprio nel film Blade Runner che notiamo la presenza di un’innovazione: un prototipo di androide esattamente dotato non solo di ragione e perciò di intelligenza artificiale, ma di altrettanta sensibilità dimostrata in varie occasioni (per esempio quando l’androide Rachel, innamorata di Deckard, lo salva anche a costo di eliminare un suo compagno androide Leon). In conclusione, un angolo di lettura di questo film può anche essere l’ipotesi che con l’evoluzione della scienza quei pregiudizi nei confronti dei robot si vanno man mano scemando... ed emerge in modo sempre più assiduo una sua figura, come già citato prima, quasi del tutto uguale all’uomo. Ritroveremo in altri film come per esempio “2001 Odissea nello spazio”, una macchina con sembianze umane addirittura piangere e soffrire all’idea di dover morire… Oltre a questa faccia della moneta si può mostrarne l’altra e cioè la contrapposizione alla sensibilità della malvagità e dell’astuzia di queste creature. Un esempio evidente di ciò è il film Matrix dei fratelli Wachowsky.

Matrix

Matrix è ambientato in un indeterminato futuro dove la specie umana è controllata dalle macchine, che con la loro tecnologia credono di vivere come tutti gli uomini, quando in realtà sono imprigionati in contenitori energetici necessari per la loro sopravvivenza meccanica. Solo pochi umani si rendono conto dell’effettiva realtà al contrario di Matrix, un sistema di impulsi elettrici inviati al cervello umano. In Matrix nessuno si accorge della propria condizione, tranne pochissime persone che percepiscono una stranezza che non riescono a descrivere. Un’imperfezione del sistema è Neo. Convinti che Neo sia in grado di restituire la libertà alla specie umana, un gruppo di umani tra cui Morpheus, lo convince a ritornare nella vera realtà. E’ proprio qui che Neo scopre che la sua vita esiste grazie alle macchine. Egli sarà in grado di acquisire pian piano doti eccezionali per poter contraddire le regole di Matrix. Conoscerà in lui molti programmi, come l’oracolo, con sembianze femminili, il cui scopo è quello di sbilanciare l’equazione che il creatore di Matrix tenta di bilanciare. Solo dopo una morte virtuale e una rinascita per merito dell’amore sbocciato con Trinity , Neo prende coscienza di essere stato scelto per liberare l’umanità dalle macchine, riportando la pace. Il primo passo per trovare la verità sarà per lui prendere consapevolezza di sé, riconoscendosi come Neo e non come sig. Anderson, il suo nome reale. Così come Cartesio, anche Neo mette tutto in dubbio per essere cosciente della proprio condizione; e l’unica certezza sarà quella di esistere come soggetto pensante. Nella ricerca della verità Cartesio percepisce i sensi come un ostacolo, perché spesso essi possono ingannare l’uomo proprio come nei sogni: che potrebbero essere della stessa intensità della realtà e quindi trarre in inganno l’uomo nella ricerca della verità. Cartesio risolve l’incertezza cercando una verità certa: se mi inganno, esisto. Altra garanzia di verità per l’uomo potrebbe essere l’idea di Dio, che non potrà ingannare. E’ proprio la Sua presenza che in Matrix trova spazio nei nomi attribuiti ai personaggi:

  • Anderson: significa "figlio dell' uomo", l'eletto, e ci ricorda la figura di Gesù;
  • Trinity: ci rimanda al concetto di trinità divina;
  • Zion: una delle colline di Gerusalemme;
  • Cypher: nome attribuito al traditore, richiama alla mente sia Lucifero che il termine Cyber, macchina.

Quindi, possiamo dire che i tratti divini sono attribuiti agli uomini, quelli malefici alle macchine. Significativo è anche la riflessione sul rapporto tra intelligenza artificiale e mente umana. I computer furono costruiti negli anni ’30 grazie all’inventiva mente umana riconducibile al calcolo come ragionamento di intuizioni.

Potremmo quindi pensare che la mente delle macchine sia identica a quella umana? No, perché la mente delle macchine sottostà a regole, quella umana no. Nel film è la figura di Morpheus a dire che le regole possono essere infrante. Le macchine sono, dunque, inferiori al SuperUomo, a Neo.

Sitografia

  1. forma-mentis.net
  2. wikipedia.it
  3. linguaggioglobale.com
  4. itis-molinari.eu
  5. matmedia.it
  6. cartesio-episteme.net
  7. geocities.com

Bibliografia

  1. Adrien Baillet, Vita di Monsieur Descartes, Libro IV, traduzione di L. Pezzillo, Adelphi, Milano 1996.
  2. Libro "I sentieri della ragione" De Bartolomeo - Magni
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